Dolcenera partecipa al Festival di
Sanremo con il brano ‘Ci vediamo a casa’, che racconta una storia molto
particolare e di grande attualità, legando amore, crisi e difficoltà in
un’unica musica.
Questo pezzo esprime al meglio la voce affascinante
della cantante salentina e sarà la colonna sonora del film di Maurizio
Ponzi dall’omonimo titolo.
Quando la incontriamo, Dolcenera conserva un
bel sorriso e appare molto contenta di aver vissuto quest’esperienza e,
soprattutto, di aver avuto l’onore di esibirsi con Professor Green sul
palco dell’Ariston per la serata dei duetti in ‘My Life Is Mine’,
ossia ’Vita spericolata’ di Vasco Rossi.
Il tuo brano ‘Ci vediamo a casa’ è
molto particolare e di grande attualità, visto che parla dell’amore
in tempo di crisi. C’è qualche riferimento autobiografico?
Beh, essenzialmente sì: questo brano scaturisce da diverse esperienze
mie personali e da situazioni che hanno vissuto molti dei miei amici.
Per quanto mi riguarda, mi sono trovata in difficoltà nel trovare casa e
ho concluso la ricerca solo dopo cinque anni: ovviamente avevo anche un
certo tipo di esigenze, avendo bisogno degli spazi necessari per
portarmi dietro i miei due pianoforti… poi ho deciso di fare un mutuo e
mi sono trovata anche a dover spiegare che il mio lavoro è fatto sì di
concerti, ma anche di anni in cui uno rimane fermo a scrivere. Sanremo
non è solo musica, ma anche immagine.
Ti abbiamo vista sul palco
in abiti rock e con un ciuffo verde di capelli sulla fronte. Com’è
cambiato, negli anni, il tuo modo di presentarti? Notiamo che oggi il
tuo ciuffo verde sta per scomparire…
Sì, effettivamente l’ho scurito un po’, perché in tv sembrava
un po’ punk. Per quanto riguarda la mia immagine e il mio modo di
presentarmi al pubblico, tutto si è modificato negli anni. Vivo delle
fasi alterne con la mia femminilità: fino al 2005-2006 mi lasciavo
coprire molto dai miei vestiti, poi dal 2009 ho riscoperto in me una
certa femminilità e, avendo voglia di freschezza e leggerezza, ho
manifestato questo nel mio abbigliamento.
C’entra, in tutto ciò, anche la tua recente collaborazione con Playboy?
Certamente. Ho accettato senza problemi di girare il video di
‘L’amore è un gioco’ con le playmate di questa nota rivista maschile.
Quando mi è stato proposto, mi sono detta: “Perché no?”. Mi sentivo bene
fisicamente. In questi anni ho fatto tantissimo sport, e poi conoscevo
già il fotografo che avrebbe lavorato con me, in quanto aveva già
realizzato alcune foto per il mio album ‘Evoluzione della specie’.
Playboy vuole riprendere in situazioni più intime un personaggio noto:
non c’entra nulla con la musica.
Come hai conosciuto Professor Green?
Con il ‘Professore’ ci siamo incontrati a Londra e abbiamo iniziato una
bella collaborazione. Il primo brano che mi ha proposto è stato un suo
pezzo autobiografico, in cui raccontava i conflitti giovanili con il
papà, che sono terminati in maniera tragica: suo padre, infatti, ha
deciso di togliersi la vita. Quel pezzo è un pezzo viscerale, e io ho
cercato di esprimere la rabbia. Adesso che siamo stati a Sanremo a
portare un duetto, posso dire che il nostro rapporto non è qualcosa di
costruito sul palco, ma è nato prima: c’è molto feeling tra di noi.
Quale mezzo di comunicazione, secondo te, ha determinato il tuo successo?
C’è stato un momento in cui sembrava che io fossi nata in tv: ho vinto
Sanremo nel 2003, ho partecipato a Music Farm, poi ho capito che non era
così che dovevano andare le cose. E perciò mi sono allontanata dal
piccolo schermo nel 2005–2006, per un periodo di tre anni. Volevo
depurarmi dalla tv: era il contorno, ma non il mio posto. Apprezzo molto
la radio.
Ti è mai venuto in mente di recitare?
Il cinema mi piace tantissimo. Ho anche fatto teatro da piccola, ma il
cinema non è il mio posto. Ogni persona, come ogni brano, ha un proprio
posto. Ci sono brani, ad esempio, che non riescono ad avere un posto a
Sanremo, ma poi ne ottengono uno nel cuore della gente.
Foto di Livia Ranieri
Articolo pubblicato su Newsmag.it