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Proteste e manifestazioni nella capitale Tegucigalpa.
La situazione è critica: l'Onu si riunisce in assemblea straordinaria.
È stato deposto e trasferito con la forza in Costa Rica, il presidente dell'Honduras Manuel Zelaya e ora l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite si riunirà per esaminare la situazione del paese centroamericano, che si trovava già, da alcuni giorni, a dover affrontare una pesante crisi istituzionale a causa della decisione dell'ex presidente honduriano di rimuovere dall’incarico di Capo di stato maggiore delle forze armate Romeo Vasquez e dall’incarico di Ministro della difesa Angel Edmundo Orellana.
Ciò nonostante, l’elemento cruciale che ha portato al golpe è stato il referendum popolare, indetto da Zelaya, che, giudicato anticostituzionale dalla Corte Suprema del paese, avrebbe permesso la rielezione del medesimo per un secondo mandato presidenziale di quattro anni.
Questa mattina è intervenuto il presidente dell'Onu Ban Ki-moon che ha chiesto il riaffidamento dell’incarico presidenziale a Zelaya.
Intanto la capitale dell’Honduras, Tegucigalpa, è sotto assedio.
Molti incendi sono stati appiccati in segno di protesta dai sostenitori del presidente deposto, che accusano l’esercito di aver agito in modo antidemocratico.
Il Parlamento, tuttavia, ha già designato un nuovo Presidente: Roberto Micheletti ha prestato giuramento e decretato un coprifuoco di 48 ore.
Ma Manuel Zelaya, arrivato in Nicaragua, dove si è tenuto un meeting d'emergenza con i membri dell’Alba (Alternativa bolivariana delle Americhe), ha dichiarato alla stampa di non rassegnarsi: "Sono io il presidente del popolo honduregno. Solo il popolo honduregno può destituirmi o confermarmi in carica, non un gruppo di gorilla. Non sono loro che mi toglieranno il potere morale di rappresentare il popolo honduregno."
"Le forze armate mi hanno tradito. Sono stato vittima di un sequestro da parte di un gruppo di militari: non credo che tutto l'esercito stia appoggiando questa azione."
Il golpe è stato condannato da tutti i leader internazionali: hanno espresso esplicitamente il loro dissenso il presidente venezuelano Hugo Chavez, Barack Obama e l'Unione europea. Il Leader Maximum Fidel Castro ha definito l’azione dell’esercito "un errore suicida."
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