venerdì 22 aprile 2011

Niccolò Agliardi: “Con ‘Non vale tutto’ ho salutato il dolore”

Il cantautore Niccolò Agliardi ha presentato a Milano il suo ultimo lavoro, ‘Non vale tutto’ (Carosello Records), composto da undici brani inediti, tra cui un duetto con Elisa (Più musica e meno testo) e uno con Patrizia Laquidara (Qualcosa vicino all’amore). Dopo aver ottenuto popolarità, conducendo su Radio 2 il programma ‘Buenos Aires 14′ e pubblicando il romanzo ‘Ma la vita è un’altra cosa’, Agliardi è tornato alla musica con un album che richiama immagini, fotografie ed emozioni dei suoi viaggi in giro per l’Italia e per il mondo. Ecco cosa ci ha raccontato della sua ultima fatica.

Rumore di fondo è la prima canzone che hai scritto e anche quella che apre il tuo album ‘Non vale tutto’. Che significato ha per te?
Non è un caso che l’abbia scelta come brano di apertura. L’ho scritta in Brasile, in un periodo della mia vita in cui mi ero portato dietro dall’Italia pensieri che dovevo dimenticare. A un certo punto, scoppiò un forte temporale e smisi di ascoltare quel dolore. Il rumore di fondo che mi tormentava era sparito. Nelle mie canzoni ho parlato tanto di abbandono; questa volta si tratta dell’abbandono del dolore.

E Ai piedi dell’arcobaleno?
È una canzone sull’amicizia, perché io nonostante abbia forti dubbi sull’amore, non ne ho su questo sentimento. Ho carissimi amici che mi hanno accompagnato nel mio percorso e questa canzone la dedico a loro.

Spesso nelle tue canzoni avvicini l’amore a un sentimento di paura. Come mai?
Perché non ci capisco niente dell’amore. Mi ritengo una persona lucidamente tormentata e ancora oggi non sentimentalmente realizzata e risolta. Credo che esista l’amore perfetto, felice e sereno, ma allo stesso tempo che chi lo stia vivendo non ne scriva a proposito. In Perfetti racconto di due ragazzini maschi che scoprono di essere innamorati l’uno dell’altro: la loro è una storia difficile e sofferta, ma anche molto romantica e così bella che, affascinato, ho deciso di scattarne una fotografia.

I tuoi brani sono scritti di getto o nascono dopo lunghe riflessioni?
Penso che l’intuizione immediata sia una cosa che può accadere quando sei in tram, stai andando a dormire o sotto la doccia, ma la costruzione di una canzone richiede ore di impegno, strumenti di lavoro e concentrazione. Le mie canzoni, molto spesso, sono dei paesaggi fisici e mentali e il viaggiare mi permette di continuare a fotografare il paesaggio in moltissime angolazioni. È come il leggere: mi permette di prendere e mi permette di ridare, attraverso la scrittura.

L’ultimo giorno d’inverno è una bellissima fotografia di Milano. Che rapporto hai con la tua città?
Ho un rapporto di passionale diffidenza con Milano. Tuttavia, l’amo molto e per questo motivo ho scelto di viverci. Mi piace e mi piacciono le persone con cui la guardo.

Quali sono le differenze tra il tuo disco precedente e questo?
Sono tante. Tre anni fa vivevo un amore lacerato e non sapevo quale potesse essere la strada della guarigione. Ero una persona ambiziosa; avevo voglia di dire tutto e perciò alcune canzoni del mio precedente lavoro avevano addirittura sei anni. Ma amo quel disco. ‘Non vale tutto’ è un po’ più essenziale a livello di suoni, più asciutto e più schietto. Magari non è immediatissimo ma io non sono uno ‘mediale’ nel senso mogoliano del termine, ma mi vedo più come un rappresentante della scuola trans-mediale, quella di De Gregori, dove un significato ne ha anche altri tre sotto. Infatti, penso che tutte le mie canzoni possano essere lette ed interpretate in modi diversi e, per questo, mi piacerebbe molto che la gente le riascoltasse più volte.

Fin dall’infanzia ti sei avvicinato ad artisti come Vecchioni, De Gregori e Fossati. Ti sei laureato con una tesi sui luoghi reali ed immaginari presenti nei testi di Francesco De Gregori. Che ruolo hanno avuto questi artisti? Hanno influenzato il tuo lavoro?
Ritengo di aver ricevuto da questi artisti dei regali. Da tutti loro sono rimasto affascinato e ho costruito intorno alla loro figura un’impalcatura personale. Certamente mi sono creato dei miti e ho corso questo rischio. Le loro canzoni hanno strutturato la mia vita. Avevo solo sette anni quando ascoltai per la prima volta Generale di De Gregori e inizialmente non lo capivo, come non avevo capito Samarcanda di Vecchioni, che mi accompagnò in un momento delicato della mia vita.

Hai condotto su Radio 2 ‘Buenos Aires 14′. Che cos’è per te la radio e che ruolo ha nella tua vita? La radio è una mia fortissima passione, che mi ha insegnato a governare il silenzio e ad ascoltare molto le storie degli altri, nonché ad usare le parole a servizio di un’utenza e ad essere anche molto conciso.

Da cantautore, qual è la tua posizione nei confronti dei talent show? Faccio il cantautore e per me comunicare significa aver qualcosa da dire, trovare il modo di dirlo e sperare che qualcuno lo colga. Non sono né favorevole, né contrario ai talent, però mi piacerebbe ci fosse un talent delle canzoni e non delle voci, perché questi programmi televisivi innalzano soltanto alcune capacità vocali e nient’altro. Per questo sono lontani dal mio modo di vivere la canzone. Forse in Italia si è propensi a farsi affascinare dalle voci, però se si desse importanza maggiore alle canzoni in tv, li vedrei volentieri. I talent di oggi si potrebbero definire come i ‘talent del muscolo più lucido’.

Articolo su: NewsMag.it

mercoledì 20 aprile 2011

Chiara Canzian: “Con ‘Il mio sangue’ esorcizzo una storia d’amore finita male”

È una Chiara Canzian più grintosa, più sicura di sé e con un proprio stile ben definito quella che emerge nel suo ultimo lavoro ‘Il mio sangue’ (etichetta Blu Notte/distribuzione Artist First), registrato tra Treviso, Milano e New York. Cantautrice dall’età di 14 anni, dopo aver esordito con l’album ‘Prova a dire il mio nome’ e l’esperienza al Festival di Sanremo nel 2009, ha partecipato a diversi concerti che l’hanno portata a viaggiare per l’Italia: tra questi l’evento benefico ‘Amiche per l’Abruzzo’. Oggi si ripresenta al mercato con un disco più maturo. L’abbiamo incontrata a Milano e abbiamo avuto il piacere di intervistarla.

‘Il mio sangue’ è un titolo che evoca una situazione di forte sofferenza e dolore. Quali brani senti di aver scritto proprio con il sangue?
La canzone che dà il nome al disco, per esempio, è la sintesi di questi due anni di mio compatimento emotivo. Un altro brano che mi prende molto è Tra la gente, più pop ma con un testo abbastanza struggente. Tutti i testi che ho scritto riguardano esperienze che mi hanno toccato da vicino.

Ha avuto un ruolo importante per te lo scrivere? Ha alleviato le tue sofferenze?
Sì, sicuramente il disco mi ha permesso di esorcizzare il dolore e di sfogarmi. Infatti, ho espresso in musica tutto ciò che ho vissuto e ho provato. Ho raccontato, insomma, tutto ciò che non mi veniva spontaneo dire a voce.

Nei tuoi brani parli molto di sentimenti e soprattutto dell’amore, che presenti con un’accezione negativa.
Il tutto nasce da alcune mie esperienze personali, legate soprattutto a una storia d’amore recente, che mi ha ‘ucciso’ psicologicamente. Tuttavia, sono consapevole che se non avessi vissuto questo episodio della mia vita, benché triste, non sarei mai riuscita ad arrivare a questo disco. Ho persino ringraziato, proprio ieri tramite un sms, colui che mi ha fatto soffrire. In amicizia, fortunatamente, sono contenta: ho tre amiche di cui mi fido ciecamente e penso che averne tre come le mie sia già una cosa rara.

Ne ‘Il mio sangue’, oltre ai brani scritti da te, ci sono delle collaborazioni. Vuoi parlarcene?
La maggior parte dei brani li ho scritti da sola; lo stesso vale per gli arrangiamenti. Tuttavia, su Vertigini ho lavorato con Pierluigi Ferrantini dei Velvet al testo e con Lele Spedicato dei Negramaro alla musica. Parla con me, invece, è un brano regalatomi da Pier dei Velvet. Inoltre, il mio chitarrista, Valerio De Paola, ha curato gli arrangiamenti per archi e piano, anche se io ho fatto tutto il resto e ho dato in prima persona le direttive alla mia band, senza snaturare il loro stile.

Nella produzione del tuo cd sono nate prima le parole o la musica?
Solitamente, ad eccezione di Senza se e E ti sento, nasce prima la musica, perché mi viene molto più facile comporre prima la melodia e poi il testo di conseguenza, non appena arriva l’ispirazione.

Sei soddisfatta del tuo lavoro?
Sì, molto, perché sono consapevole che il cd è esattamente la fotocopia di me stessa e nasce da due anni di ricerca intensa e necessaria. Ho inziato a scrivere i brani nel 2009, lo stesso anno in cui ho presentato al Festival di Sanremo Prova a dire il mio nome.

Che posizione assume il nuovo disco rispetto a quello precedente?
‘Il mio sangue’ ne è l’antitesi; si allontana molto dal mio disco d’esordio per le sue sfumature. Mi sono mossa verso una direzione più definita, più mia e in qualche modo più intima. Certamente, non rinnego il mio primo lavoro, ma penso che non mi rappresenti del tutto, essendo frutto di diverse influenze ed essendo nato in un periodo in cui non avevo ancora uno stile definito.

Quando hai iniziato a comporre musica?
All’età di 14 anni, quando rimasi totalmente folgorata da Jeff Buckley, che è tutt’oggi il mio mito e il mio mentore musicale. La sua forte influenza si può rintracciare anche nel mio ultimo lavoro, che riprende molto il suo stile, sia a livello di tensione emotiva, sia armonicamente poiché gioca parecchio, non solo sul La minore e il Mi minore, ma anche sul Si bemolle, sul Fa e sul Mi bemolle. La mia sonorità è scarna e rarefatta e perciò si può avvicinare alla sua.

Le tue canzoni potrebbero accompagnare qualcuno nei momenti difficili. Ci sono brani di artisti italiani che hanno avuto lo stesso effetto con te?
Di recente, mi sento molto vicina all’ultimo disco dei Negramaro, sia nei contenuti, sia dal punto di vista sonoro e stilistico. Inoltre, un brano che apprezzo molto è Attesa e inaspettata di Niccolò Fabi.

Quale pubblico pensi di raggiungere con ‘Il mio sangue’?
Voglio raggiungere tutti quelli che mi stanno intorno, a partire dai miei genitori, perché voglio farmi conoscere e scoprire meglio anche da loro. Spero vivamente che qualcuno si possa riconoscere nel mio lavoro e apprezzarlo: dalla ragazzina di 14 anni alla prima delusione d’amore, alla donna cinquantenne che si trova di fronte a un divorzio, perché l’amore può essere vissuto, alla fine, con la stessa emozione e intensità a qualsiasi età. Sono molto contenta quando durante i live riesco ad attirare l’attenzione delle persone e vengo avvicinata dai fan.

Articolo su Newsmag.it: NewsMag.it

lunedì 4 aprile 2011

‘Ciak si canta’, Francesco Facchinetti e Belen Rodriguez alla conquista di Rai Uno

Da venerdì 8 aprile ritorna su Rai 1, per la sua terza edizione, ‘Ciak si canta’, il varietà di Gianni Ippoliti andato in onda per la prima volta nel 2008. Durante la conferenza stampa di stamattina a Milano, Michele Bovi, il capostruttura intrattenimento di Rai 1, ha annunciato che per questa nuova stagione ci sarà un completo rinnovamento e ringiovanimento del format attraverso “la rimessa in gioco della struttura del programma”.

L’edizione 2011, trasmessa in diretta dall’auditorium Rai di Napoli, vedrà alla conduzione Francesco Facchinetti e Belen Rodriguez, che costituiscono la coppia più giovane mai andata in onda in prima serata.

Francesco Facchinetti, uscito vincente dall’esperienza di ‘X-Factor’, ha spiegato che spera vivamente di arrivare, attraverso ‘Ciak si canta’, ai giovani e che il pubblico possa divertirsi e stupirsi per la bravura degli attori, degli sportivi e dei personaggi dello spettacolo che si esibiranno nelle otto puntate previste. Nello show sarà presentata “la quarta dimensione della musica, cioè la musica che si guarda, poiché la musica non solo si canta, suona ed ascolta”. Ogni serata sarà contraddistinta da una specifica tematica e dalle performance di 8 artisti, che interpreteranno delle cover di brani a loro scelta.

Nella prima puntata, il cui tema dominante sarà quello del divertimento, si esibiranno Barbara De Rossi con Tu vuo’ fa’ l’americano, Enzo Decaro con Ciccio Formaggio, Anna Falchi con Mambo italiano, Enrico Ruggeri con Eri piccola, Max Giusti con La vita è tutto un quiz, Tricarico con L’italiano, Paolo Meneguzzi con Nella terra dei Cachi e Riccardo Caruso con Ma la notte no. Un Caruso, 110 anni dopo l’esibizione di Enrico Caruso, quindi, tornerà sul palco napoletano. Nelle varie serate, anche Belen canterà davanti al pubblico dell’Auditorium, interpretando dei brani, in lingua spagnola, italiana e in dialetto napoletano. La showgirl, scelta dopo il successo di Sanremo, ha espresso tutta la sua contentezza nel lavorare insieme a Facchinetti e ha dichiarato di sentirsi davvero a suo agio, visto il suo amore per il canto e la danza.

Un angolo del format sarà anche dedicato ai primi filmati che hanno costituito la storia della musica italiana dal ’61 al ’64, per far sì che tutti possano ricordarsi un po’ del passato musicale della nostra nazione, “terza per diffusione nel mondo, dopo quella inglese e spagnola”. Torneranno in tv anche degli strumenti definiti un po’ vintage dallo stesso Facchinetti, come il cinebox e l’applausometro, che fu utilizzato 55 anni fa per la prima volta a Napoli da Enzo Tortora. Saranno, in realtà, strumenti nuovi per coinvolgere in modo diverso il pubblico.

Tutti i videoclip trasmessi sono stati realizzati da famosi film maker, affiancati da importanti istituti di cinematografia, e saranno commentati da un volto noto di Rai 1, Sonia Grey, da una rappresentante del mondo dello spettacolo, Amanda Lear, e dall’ex batterista dei Pooh, Stefano D’Orazio. Sarà presente anche lo psicoterapeuta Luigi de Maio, che racconterà il perché alcune canzoni sono diventate colonne sonore della nostra vita e spiegherà le emozioni che i vari video “suscitano nell’immaginario privato e collettivo”. Il tema della seconda puntata sarà la festa, mentre la terza sarà dedicata alle canzoni sexy e maliziose. L’ultima, invece, decreterà il vincitore.

“Ciak…si canta!” è un programma realizzato da Raiuno con la LDM Comunicazione. La regia è di Franco Bianca.

Articolo su: NewsMag.it