Perciò anche se i danni sono ancora da stimare, poiché non si conosce molto bene la portata del disastro nucleare, adesso la cosa che spaventa di più non è tanto la nube, ma il cibo. Infatti, il Ministero della Salute ha annunciato più controlli “sui prodotti di origine animale e non animale provenienti dalle aree colpite” e Carlo Petrini, presidente di Slow Food, in occasione della presentazione della nuova edizione di Slow Fish, che si terrà a maggio, a Genova, non ha esitato a dichiarare che non deve essere più importato pesce dal Giappone, poiché le acque del mare nei pressi delle coste sono caratterizzate da un’alta presenza di plutonio.
Secondo gli studiosi, se le sostanze inquinanti passassero nella catena alimentare potrebbero provocare effetti dannosi, che, ovviamente, non sarebbero immediati qui da noi, lontano dalla fonte radioattiva, ma si svilupperebbero nel tempo: tumori, impotenza, sterilità e creazione di feti malformati. Quindi, come ribadiscono gli esperti, non vedremo più cibo importato dal Giappone sulle nostre tavole, per un periodo non ancora definito.
Articolo su: ItaliaNotizie.it
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